Il Libro I inizia con questi versi:

In nova fert animus mutatas dicere formas
corpora: di, coeptis, nam vos mutatis et illas,
adspirate meis primaque ab origine mundi
ad mea perpetuum deducite tempora carmen!

(Canto le forme dei corpi che presero nuova figura.
O dèi, poiché voi mutaste anche quelle, ispiratemi il canto,
e dall’origine prima del mondo remoto ai miei tempi
del mio poema perpetuo intessete la trama)

All’inizio vi era il Caos, mole confusa ed informe. Poi un dio, chiunque egli fosse, arrotondò un’immensa figura di globo compatto, sparse le onde del mare, vi aggiunse le fonti coi laghi e gli stagni, di frondosi rami coprì le foreste e innalzò le rocciose montagne……

Creazione caos D Madore 2002
Il Caos, David Madore, 2002

Ovidio prosegue la descrizione per molti versi finché arriva a parlare della creazione dell’uomo:
Non v’era ancor l’animale più nobile, d’alto intelletto
che dominare sapesse su tutte le cose create

Forse, ci dice il poeta, lo fece il fabbro divino o forse
mescolando la terra con l’acque piovane, Prometeo
l’effigiò, somigliante agli dèi che reggono tutto

Prometeo crea uomo
Prometeo plasma l’uomo

Pronaque cum spectent animalia cetera terram,
os homini sublime dedit caelumque videre
iussit et erectos ad sidera tollere vultus

(Ma, mentre gli altri animali si volgono curvi alla terra,
levò la fronte dell’uomo e gli impose che il cielo guardasse
e che la faccia dritta innalzasse superba alle stelle)

Progresso uomo

Prima fiorì l’età dell’oro in cui regnavano la giustizia, la pace e la fede. La primavera era eterna e la terra, non solcata da aratro, da sé produceva ogni cosa.
Seguì l’età dell’argento. Giove l’anno intero divise nei suoi quattro tempi, sorsero le prime casupole e gravi di sotto l’aratro gemettero i bovi aggiogati

AE
L’età dell’argento

Venne poi l’età del bronzo d’indole ben più crudele, più pronta alle orribili guerre, pur non essendo malvagia.

AF
L’età del bronzo

Ultima, l’età del ferro, quant’è di peggiore nel mondo

Si dileguarono sincerità, pudicizia e fiducia
giunser gl’inganni, le frodi, le insidie violente
e la brama malefica delle ricchezze.

nave

Senza conoscere i venti il nocchiero scioglieva le vele.

Né si cercarono solo le messi e quegli altri alimenti
che son dati dal suolo, ma si penetrò sotto terra
e si scavò il ferro nocivo, e l’oro ancor più nocivo.
Poscia comparve la guerra e di rapine si vive.

EFerro
L’età del ferro

Dell’ospite l’ospite trema, sono discordi i fratelli……
Spenta oramai la pietà, la vergine Astrea [la Giustizia]
degli dèi l’ultima, lascia per sempre la terra

Astrea
Astrea

I Giganti, narra la fama, posero monte su monte per arrivare all’Olimpo e abbattere Giove. Ma il dio li vinse e li ricoprì con i macigni.

AG
I Giganti danno l’assalto all’Olimpo

Dal loro sangue nacque una stirpe con umana sembianza, di strage bramosa, feroce.

Nacque stirpe

Fra tutti il più empio era considerato Licaone, re dell’Arcadia.

Allora Giove, che voleva rendersi conto della verità, si recò da lui e gli chiese ospitalità.
Licaone, volendo sapere se il suo ospite era davvero un dio che conosceva ogni cosa, gli servì a cena le carni di un bambino arrostite sulla brace.

v 222 Hermann Potumus 1542
La cena di Licaone, Hermann Postumus, 1542

Giove indignato gli distrusse il palazzo. Licaone cercò di fuggire ma
le braccia diventano gambe, l’abito pelo, ed è lupo.
ma serba nel volto l’aspetto feroce con occhi di fuoco
e gode tuttora del sangue

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Licaone trasformato in lupo

Per punire tutti gli uomini a causa della loro ferocia e l’empietà, Giove ordina il Diluvio.
E promette una stirpe ben differente dall’altra, di origine miracolosa.

Diluvio
Il Diluvio, 19° secolo

Iamque mare et tellus nullum discrimen habebant
omnia pontus erant, deerant quoque litora ponto

(Ormai la terra ed il mare non eran più separati:
tutto era mare, e del mare mancavano pure le spiagge)

Si salvano soltanto due sposi, Deucalione e Pirra, portati da una piccola nave
Uomo migliore di quello non visse ed onesto,
né vi fu donna nel mondo più religiosa di lei

Si disperano, però, perché sono soli, nessun altro è scampato al diluvio. Si recano allora al tempio di Temi e invocano la dea: ‘Dì come si possa rimediare allo scempio del genere umano e soccorri!’

Barca DeP
La barca di Deucalione e Pirra

L’oracolo risponde:
La testa vi ricoprite, sciogliete le vesti e gettatevi l’ossa della gran madre di dietro la schiena
I due rimangono a lungo stupiti. Pirra non vuole insultare l’ombra materna. Ma Deucalione la consola: La terra, la terra è la madre! E i sassi son l’ossa del corpo terrestre.
Gli sposi escono dal tempio, si velano il capo, si sciolgon le vesti e camminando a ritroso lanciano sassi dietro le spalle……
e in breve spazio di tempo per volontà degli dèi
ebbero aspetto virile le pietre lanciate dall’uomo
e diventarono donne le pietre tirate da Pirra

E Ovidio termina il racconto con questa osservazione, verso 415 del Libro I:
Inde genus durum sumus experiensque laborum
(Quindi noi siamo una stirpe ben dura e che conosce le fatiche)

Deucal e P anonim Oland 1580
Deucalione e Pirra ripopolano la terra , Anonimo olandese, 1580

Cetera diversis tellus animalia formis
Sponte sua peperit

(gli altri animali la terra da sé generò con diverse forme)

La terra crea anche Pitone, uno smisurato serpente, terrore dei nuovi popoli. Fu il dio Apollo a ucciderlo
Febo l’arciero, quasi vuotò la faretra
fecegli uscir il veleno attraverso le nere ferite
e lo distrusse coprendone il corpo di mille saette

AE
Apollo trafigge Pitone

Apollo poi, per mantenere la memoria di questa sua impresa, istituì i giochi Pitici.
Qui, chi vinceva dei giovani o nel pugilato o la corsa
o col carro, teneva per premio corona di quercia

Infatti non c’era ancora l’alloro e Apollo si cingeva le tempie con fronda qualunque si fosse.
Il primo amore di Apollo fu quello per Dafne la ninfa, e fu non a caso, ma di Cupido crudele vendetta.

Mentre Pitone giaceva morto giunse Cupido e Apollo derise il suo piccolo arco e le sue piccole frecce, facendogli notare la differenza con le proprie armi.
Cupido allora estrasse una freccia d’oro (quella che fa innamorare) e trapassò il cuore di Apollo. Poi estrasse una freccia di piombo (a effetto contrario) e colpì una bella ninfa di nome Dafne.

v 456 Jan Boeckhorst, 1660
Apollo e Cupido, Jan Boeckhorst

Apollo la cerca, la insegue ma
fugit ocior aura, illa
(ella più rapida fugge del vento)
e non ascolta il dio che la chiama.

Apollo Dafne J W Waterhouse
Apollo insegue Dafne, J.W.Waterhouse, 19° sec.

Dafne supplica suo padre, il dio del fiume Peneo, di aiutarla trasformando il suo corpo.
fronde divenner le chiome, le braccia si fecero rami
e i piedi veloci, radici

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Apollo e Dafne, Gianlorenzo Bernini, 17° secolo

Così nacque l’alloro.
Apollo abbracciò il tronco, baciò i rami e disse queste parole:
at quoniam coniux mea non potes esse
arbor eris certe

(poiché non puoi essere la mia sposa sarai almeno la mia pianta)

Dafne alloro
Dafne trasformata in alloro, Pollaiolo, 15° sec., National Gallery, Londra

Apollo ne colse un ramo e se ne cinse la fronte.
Da allora le foglie di alloro ornano la fronte dei poeti, degli artisti, dei grandi condottieri, degli atleti vincitori.

Apollo
Apollo

Giove vide Io, una bella fanciulla, tornare dal fiume.
Le si avvicinò offrendole la sua protezione: va pure sicura nel folto del bosco, ché un nume ti assiste, quello che regge lo scettro del cielo. Ma Io fuggiva. Giove allora ravvolse la terra di vasta nebbia e Io si dovette fermare.
Giunone, la dea sposa di Giove, si stupisce che sotto un limpido cielo ci sia tanta nebbia e si insospettisce
E, conoscendo di Giove gli amori furtivi, attorno guarda e lo cerca ma non ritrovandolo in cielo disse: ‘O m’inganno o sono tradita’
La dea fa sparire la nebbia e scende nel bosco. Giove, prevedendo le mosse della sposa ha trasformato Io in una leggiadra candida giovenca.
Giunone gliela chiede in regalo
Che fare? Se gliela regala agisce con crudeltà, se gliela nega crea sospetto. ‘Dagliela, gli suggerisce la prudenza. Negagliela, gli sussurra l’amore.’

AF
Giunone, Giove e Io

Appena Giove le regala la giovenca, Giunone l’affida ad Argo, che ha cento occhi dei quali due dormono a turno mentre non dormono gli altri che vigili fanno la guardia.
L’ex fanciulla d’erbe si pascola amare e misera beve nei torbidi fiumi e sforzando la bocca per lamentarsi muggisce, sgomenta del suono che manda!

Giove è deciso a risolvere la situazione e incarica Mercurio di uccidere Argo.
Mercurio si siede con lui su un masso, vicino a loro pascola la candida giovenca. Il dio comincia a narrare, lunghe lunghe storie, sperando di far addormentare Argo, ma invano. Allora si mette a suonare la siringa, un semplice strumento che Argo non conosce, e Mercurio gli racconta come da poco sia stata creata:
Sulle fredde montagne d’Arcadia una Naiade visse, di nome Siringa
ch’era sfuggita più volte dei Satiri all’inseguimento

Siringa Pan Breugel
Pan insegue Siringa, Bruegel, 16° sec.

Ma quando la inseguì Pan e stava per essere raggiunta sulla riva di un fiume, la fanciulla si gettò fra le canne e pregò di essere trasformata in una di esse. Venne esaudita.
Pan, credendo ghermire Siringa, stringeva le canne senza sapere quale lei fosse
Intanto si alzò un lieve vento che cavò dalle canne un flebile suono
e Pan sorpreso dall’arte novella e dal canto soave
disse: sarò tuo compagno per sempre

tagliò alcune canne di varia lunghezza, le unì con la cera e creò lo strumento cui diede il some di siringa

Siringa Pan suona copia
Pan suona la siringa

Questa storia fa chiudere ad Argo tutti e cento i suoi occhi.

zz  490 aC copia
L’uccisione di Argo dai cento occhi, vaso greco, 490 aC:

Mercurio lo uccide tagliandogli la testa.

Argo, tu giaci disteso. E la luce, che dentro tant’occhi
ti scintillava una volta, s’è spenta del tutto. La notte
unica notte perenne ricopre i tuoi occhi infiniti!
Ma li raccoglie Giunone e li colloca sovra le penne
del suo pavone, cui riempie la coda di gemme stellanti

Giunone e pavone Moreau 1881
Giunone e il pavone, Gustave Moreau, 1881

Giunone instilla nel petto della giovenca un cieco furore che la fa fuggire per tutta la terra, finché giunge sul Nilo, sopra le rive del fiume curvando i ginocchi si sdraia, piangendo e gemendo con mugghi luttuosi.

A questo punto Giove abbraccia la cosorte, giurandole che Io non le darà più dolori.
La dea ha pietà della fanciulla, che riprende il suo primitivo aspetto.

IO G. Castiglione 1650 v 733
Io e gli sposi che si riconciliano, Giovanni Benedetto Castiglione, 1640

Le cadono i peli dal capo, spariscon le corna, gli occhi
rimpiccioliscono, il muso s’accorcia, le spalle e le mani
tornano, l’unghie si perdon tornando in cinque ciascuna
della giovenca non resta più nulla, se non il candore.
Lieta a due piedi la ninfa si rizza, ma teme parlando
di non muggire e ritenta smarrita la lingua dismessa

Io rimane in Egitto, e

Nunc dea linigera colitur celeberrima turba
(ora viene venerata come dea da una numerosissima folla vestita di lino)

v 747
Io venerata in Egitto

Si racconta che Io abbia partorito a Giove un figlio, Épafo.

Épafo aveva un amico della sua stessa età, Fetonte, il figlio del Sole.
Fetonte si vantava della sua paternità e un giorno Épafo, non sopportandolo più gli disse:
‘Sei stolto a credere ciò che tua madre ti dice, è una menzogna!’

Epafo e Fetonte
Épafo e Fetonte

Fetonte rosso divenne e corse da sua madre Climene e le chiese:
Se io son nato da stirpe celeste, tu dàmmi la prova
di così gran discendenza divina e rimandami al cielo’

Climene puntò il dito verso il sole e rispose:

Figliuolo, ti giuro che nato tu sei da quel Sole
che tu contempli e che regola il globo. Tu puoi
conoscere il padre che sta nel confine del mondo,
là dove sorge al mattino. Và, se ti senti,
e dal padre medesimo il vero saprai.

Climente e Fetonte
Climente e Fetonte

Fetonte parte subito
e veloce dirigesi verso la reggia del padre.

Con questo verso, 779, termina il Libro I.
Finale

 

NOTE:

Le frasi in corsivo sono l’esatta traduzione dei versi latini, per i brani più lunghi viene riportata la traduzione di Ferruccio Bernini

Le illustrazioni di cui non viene dato l’autore provengono principalmente da edizioni delle Metamorfosi del 16° e 17° secolo. I pittori sono Matthaeus Merian, Johan Ulrich Krauss, Vergil Solis, Lodovico Dolce, Georges Sandys e Johann Wilhelm Baur]

[Le frasi fra parentesi quadre sono note mie]


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