Regia Solis erat sublimibus alta columnis
Era la reggia del Sole sublime d’eccelse colonne
ne ricopriva l’avorio splendente l’altissimo tetto

 

Prosegue la descrizione della ricchissima reggia. Fetonte non può salire i gradini fino al trono del padre di cui dubitava perché la luce è troppo forte.
Febo velato di veste vermiglia sedeva sul trono
che sfolgorava brillando di lucide pietre preziose

Fetonte Febo sole
il disco del Sole

intorno a lui c’è l’Anno, ci sono i Mesi, il Giorno e i Secoli e le Stagioni
stavasi la Primavera recinta la testa di fiori
nuda l’Estate con serti di spighe e l’Autunno, di mosto
lordo, e l’Inverno glaciale con irti i canuti capelli

dd autunno   ddd inverno
DD estateDD primavera

Febo, il Sole, domanda a Fetonte a che scopo sia venuto e il giovane risponde che vuole una prova sicura di essere suo figlio.
La madre ti disse l’origine vera, e perché tu non dubiti
domanda qualunque regalo e tu da me l’otterrai

Fetonte chiede di poter guidare il carro del Sole per un giorno.

Fetonte chiede Bernard Picart 18°sec
Fetonte davanti al padre, Bernard Picart, 18° secolo

La quadriga, opera di Vulcano è tutta d’oro ornata con gemme, i cavalli sono impetuosi e ribelli alle briglie e hanno il fuoco nel petto. Neppure Giove sarebbe in grado di guidarli, solo Febo.

Febo mosaico 250 aC
Il carro del Sole

Febo si pente suito della promessa fatta, guidare il carro è molto pericoloso, e cerca di dissuadere il figlio:
devi affrontare le corna del Toro, il violento Leone, dovrai sostenere l’incontro con lo Scorpione che piega le chele feroci con lungo giro, e il Cancro che incurva le braccia nel senso contrario……

scorpione  Toro
Elert Bode, 1782

Gli offre in cambio immense ricchezze……ma invano.
Febo dà al ragazzo tutti i consigli sulla guida e le raccomandazioni.
Salta Fetonte col giovane corpo sull’agile carro
sopra si ferma e toccando contento le briglie leggere
ringrazia dall’alto del cocchio il dolente suo padre

Fetonte Odilon Redon 1900
Fetonte sul carro del sole, Odilon Redon, 1900

Per un centinaio di versi Ovidio descrive il viaggio di Fetonte che corre troppo basso e causa incendi e distruzioni sulla terra. Addirittura il Nilo fuggì nell’estremo confine del mondo e nascose la sua sorgente, che ancor oggi è a noi celata, si creò il deserto in Libia e
dicon che allora gli Etiopi si colorisser di nero
causa del sangue tirato di fuori sul corpo

scendono i pesci nei fondi, né ardiscon sull’acqua i delfini
curve levare le schiene e le foche pancia all’insù
fuor dell’onde galleggiano senza respiro

terra brucia

La Terra supplica Giove di salvarla. Il dio allora
tuona ed un fulmine a destra dall’alto vibrandolo, scaglia
contro Fetonte e lo priva del carro e dell’anima insieme
disseminati i frantumi si vedono della quadriga

Fetonte cade nel fiume Eridano (il Po?)
…… ut interdum de caelo stella sereno
etsi non cecidit, potuit cecidisse videri

[così come quando dal cielo sereno una stella
pur non cadendo, talvolta ci sembra caduta sul suolo]

Fetonte caduta 18°
La caduta di Fetonte, 18° secolo

Fetonte Michelang 1533 Brit Mus
La caduta di Fetonte, disegno di Michelangelo, 1533, British Museum, Londra

Le sorelle di Fetonte, le Eliadi, piansero a lungo, finché furono trasformate in pioppi, ma il lamento continuò
piange la scorza e dai rami novelli le lacrime al sole s’induriscon nell’ambra

Ecco dunque come nacquero i pioppi e l’ambra. Il fiume Eridano poi manda le preziose ambre alle spose latine per il loro ornamento.

Fetonte Eliadi Ganti di Tito
Le Eliadi, Ganti di Tito, 1510

Siamo al verso 367.
Assistette alla caduta di Fetonte il giovane Cicno che era un suo grande amico oltre che cugino.
Cicno faceva echeggiare dei suoi lamenti le rive del fiume finché
candide piume gli celano il crine, distendesi il collo
lungo, lontano dal petto e gli lega sottile membrana
tutte le dita vermiglie. Le penne rivestono i fianchi;
dove s’apriva la bocca, protendesi un becco puntuto
è stato trasformato in cigno e, in odio a tutto quel fuoco, cerca gli stagni ed i laghi spaziosi.

Cicno a  dcopia
La trasformazione di Cicno

Febo, addolorato per la morte del figlio e furioso con Giove che lo ha fulminato, dichiara che non guiderà più il carro del sole nel suo viaggio giornaliero. Che ci pensi qualche altro dio. Ma nessuno ne è capace e Giove si scusa e lo supplica di non avvolgere il mondo nelle tenebre. A questo punto Febo raccoglie le redini e sprona i cavalli che ancora tremavano per lo spavento.
Giove guarda la terra tutta arida e bruciata e in particolare l’Arcadia, la regione a lui più cara.
Ridonale tutte le fonti
con i torrenti, che scorrer non osano ancora, rimette
l’erbe nel suolo, le foglie nei rami degli alberi e impone
che le foreste riarse dal fuoco ritornino verdi

Mentre osserva l’Arcadia nota una bella ninfa sdraiata a riposare e si sente bruciare per l’ossa la fiamma d’amore.

callisto giove Diana d
Giove vede Callisto, Nicolaes Berchem, 1656

La fanciulla non tesse la lana, né s’acconcia i capelli. Ma porta un arco e tiene in mano una freccia. E’ Callisto, una seguace di Diana, la dea cacciatrice, ed è da lei amata.
Nella mente del dio passa questo pensiero: certamente Giunone non saprà il furto, ma, anche se lo sapesse, non vale la pena di farla adirare?
Questa volta, per conquistare la ninfa Callisto, Giove prende le sembianze di Diana, l’abbraccia e la bacia. La ninfa tenta di difendersi, ma al verso 437 Ovidio esclama:
Quisve Iovem poterat? Superum petit aethera victor
(chi mai può vincere Giove? E tornò vittorioso nel cielo)

callisto con Giove Diana
Giove nelle sembianze di Diana con Callisto, Jean Honoré Fragonard, 1780

Passano vari mesi e un giorno d’estate Diana, stanca per la caccia, invita le ninfe a fare un bagno con lei in un fresco ruscelletto che scorreva in un bosco
‘Nessuno ci vede, bagnamoci nude nel fiume’
rossa divenne Callisto, depongono l’altre le vesti
ella s’indugia

Alla fine la spogliano e lei tenta invano di coprirsi il ventre. Diana indignata la scaccia.

callisto scoperta 1710 copia
Callisto scoperta da Diana

Callisto mette alla luce un maschietto e Giunone si prende un’acerba vendetta, togliendole quel viso e quel corpo che tanto erano piaciuti al suo sposo.
Le braccia di peli neri divengon irsute, s’incurvan le mani
crescendo con l’unghie adunche e la bocca, da Giove amata una volta,
si sforma con fauci da belva. La voce rabbiosa risuona
quand’esce dall’ugola rauca

Callisto è stata trasformata in un’orsa. E lei, che era stata cacciatrice, quante volte dovette fuggire inseguita per rocce dall’urlo dei cani!
Quindici anni più tardi Arcade, il figlio di Callisto, è un giovane cacciatore che nulla sa di sua madre. Un giorno in una selva incontra un’orsa che immobile lo fissa, come se lo conoscesse.
Arcade fugge e, ignorando chi fosse, ha timor della fiera
che lo guarda e che gli occhi di dosso non toglie un momento

L’orsa continua ad avvicinarsi e il ragazzo stava lì lì per colpirla nel petto con dardo mortale

Arcade J W Baur 1659 a
Arcade e l’orsa

impedì Giove il delitto, levò l’una e l’altro per aria
via li portò con il rapido vento e li pose nel cielo,
dove Callisto e il figliuolo divennero stelle vicine

Orsa Appiano
Pietro Appiano, 1540
A sinistra l’Orsa Maggiore, cioè Callisto, a destra è la costellazione di Boote, che rappresenta suo figlio Arcade con i cani

Una volta, dice Ovidio, il corvo era candido con belle piume di neve, pareva una bianca colomba e per colpa della sua lingua loquace fu fatto nero.

corvus

In tutta la Tessaglia non vi era nessuna più bella di Coronide e Apollo si innamorò di lei. La fanciulla aspettava un figlio dal dio, ma lo tradì con un mortale. Il corvo che li vide, inesorabile spia, si reca dal nume per informarlo.

Mentre il corvo ancora bianco cerca Apollo, gli si avvicina in volo una cornacchia che si fa dire dove sta andando e perché. E poi la cornacchia si mette a narrare la sua storia.

Ero molto bella e di stirpe regale. Passeggiavo un giorno sulla spiaggia, mi vide Nettuno e s’accese d’amore.
Prima tentò di sedurmi con dolci parole, poi passò alla forza. Io fuggii, gridando ma nessun mortale mi venne in soccorso.

coronea baur 2
La fanciulla inseguita da Nettuno

Supplicai allora la vergine Minerva, che mi trasformò in cornacchia e mi tenne accanto a sé, come sua compagna.

coronea vista da Nettuno
La fanciulla trasformata in cornacchia da Minerva

La loquace cornacchia racconta un’altra storia:
un giorno Minerva chiuse in una cesta Erittonio, un bimbo nato senza genitori, e consegnò la cesta a tre sorelle, Erse Pandroso e Aglauro, figlie di Cecrope il primo re dell’Attica, a questo patto, che, dentro, nessuna guardasse che cosa ci fosse.
Io (è la cornacchia che parla) guardavo nascosta fra i rami di un olmo e vidi che due sorelle obbedivano al comando della dea, ma Aglauro

con le sue mani disciolse i legami del cesto:
videro dentro un bambino e distesogli presso un serpente

erichthonius Aglauro J U Krauss 1690
Le tre sorelle aprono la cesta

Io allora corsi ad informare Minerva che, invece di premiarmi, mi allontanò e prese come compagna un altro uccello, un uccello notturno, la civetta!
La civetta era una fanciulla poi trasformata in uccello per una colpa tremenda

Si chiamava Nittìmene, e aveva avuto un rapporto incestuoso con suo padre. Minerva l’ha trasformata in civetta e ancora adesso lei
conscia del crimine, fugge la luce e la vista degli altri
e cela la colpa col buio

Nictimene e padre Krauss
Nittìmene e il padre

‘Attento, corvo’ gli raccomanda la cornacchia ‘ vedi se ti conviene andare da Apollo a fare la spia sul tradimento di Coronide. Io quando ho raccontato ad Atena della disobbedienza di Aglauro ho perso il suo amore e sono stata sostituita dalla civetta!’
Ma il corvo non l’ascolta prosegue il cammino e ad Apollo narra che vide giacere Coronide col giovinetto della Tessaglia.
Il dio infuriato prese l’arco e con infallibile dardo le trafisse il seno.

coronis apollo arma Domenichino
Apollo trafigge Coronide, Domenichino, 17° secolo

La donna, che aspettava un figlio del dio, mormora gemendo: ‘moriamo ora in due!’
E gelido freddo di morte ravvolse l’inanime corpo.
Apollo si pente del suo gesto e cerca di salvarla
scalda col petto la morta per terra e con tardo soccorso
tenta di vincere il fato con l’uso di farmachi vani

A questo punto vuole salvare almeno suo figlio. Lo toglie dal corpo della madre e lo porta all’antro del centauro Chirone.

Coronis Ap cerca salvare N Brooks 1849
Apollo e Coronide

‘Invece di premiarmi, dice il corvo, per averlo informato del tradimento di Coronide, Apollo mi ha fatto diventare nero!’

e al corvo, che il premio attendeva della veridica lingua vietò di restar bianco uccello

Coronis Corvo reso nero J copia
Apollo e il corvo

Chirone era fiero del suo piccolo allievo [il quale aveva nome Esculapio].

Un giorno venne sua figlia, Ocìroe, he era una profetessa.

Esculapio Chirone Rubens
Chirone ed Esculapio, Rubens

Guardò l’infante esclamando: ‘Deh, cresci, fanciullo, che a tutto il mondo darai la salute! Spesso i mortali dovranno a te la vita e potrai ravvivare gli spiriti spenti’

Prosegue la sua profezia dicendo che una volta in futuro cercherà di riportare in vita un morto ma questo causerà l’ira di Giove che lo incenerirà, ma poi lo farà diventare un dio.
A Chirone, che è immortale, Ocìroe invece predice che un giorno soffrirà talmente per una ferita che chiederà di pooter morire, e gli sarà concesso.
Altro avrebbe voluto svelare la profetessa, ma gli dèi non lo permisero……
‘sento che già mi si toglie la faccia di donna, mi piace
l’erba per cibo e desidero correre i campi spaziosi’

Ocìroe è stata trasformata in cavalla.
Chirone chiese invano aiuto a Febo Apollo.

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Chirone e Ociroe, N. Brooks, 1849

Infatti Apollo era occupato come pastore di mandrie, ma era un pastore distratto perché ancora si struggeva per la morte della bella Coronide. Mercurio ne approfittò e rubò il bestiame, nascondendolo in un bosco.
Non s’era accorto nessuno del furto, se non un vecchio
noto in quei luoghi e che tutti chiamavano Batto

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Batto e Mercurio

Mercurio teme che il vecchio lo denunci ad Apollo e gli regala una bella giovenca in cambio del suo silenzio. Batto gli risponde: ‘va pur sicuro, ché prima di me parlerà questa pietra’, e l’indicò.
Il dio finse di andarsene poi, mutato aspetto e voce, tornò, e gli chiese:
‘O contadino, se hai visto passare di qua delle vacche,
dimmelo e il furto mi svela! Ti dono una vacca col toro’

Batto, per ottenere la doppia ricompensa, svelò dove la mandria era stata nascosta.
Mercurio escamò:
‘Così tu mi scopri a me stesso? A me tu mi sveli?’
E parlando mutò lo spergiuro in una rigida pietra.

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Batto trasformato in pietra da Mercurio

mercurio Donato Creti 1745
Mercurio, Donato Creti, 1745

Mercurio si alza in volo e guarda verso la terra.
Caste fanciulle quel giorno, per caso, secondo l’usanza
Con coronati canestri sul capo portavano offerte
Sacre nel tempio a Minerva

herse baur Mer vola 730 

Fra loro vi erano le figlie di Cecrope, Aglauro, Pandroso e Erse [le abbiamo già trovate alcune pagine fa, quando Aglauro, disobbediente, aprì il cesto dato da Minerva]

Della bellezza di Erse Mercurio stupì e s’accese.

Mercurio, in tutto il suo spendore di dio, si recò alla casa di Cecrope dove vi era un luogo appartato con tre talami splendidi di tartaruga e d’avorio: il letto di destra era quello di Pandroso, quello di sinistra di Aglauro, Erse dormiva in quello di mezzo.
Aglauro era sola. Mercurio si presentò come figlio di Giove e le chiese di favorire il suo incontro con Erse, ‘diventerai zia di un dio!’ le promette. Lei accetta.
Minerva è ancora furiosa con Aglauro perché ha aperto il cesto contro il suo ordine e desidera vendicarsi.

Subito vola alla casa coperta di nero veleno, priva di sole, tristissima dove abita l’Invidia.
La vide che mangiava serpenti, l’alimento dei suoi vizi. Pallida, coi denti lerci, il petto verdastro di fiele, la lingua piena di veleno.

invidia verso 762
Minerva si reca da Invidia

Mai non sorride, se non del dolore che vede negli altri
rodendo si rode, e da sé si consuma

benché la dea l’odiasse, così le parlò brevemente:
‘col tio contagio avvelena la figlia di Cecrope, Aglauro,
voglio così’

Invidia si reca a casa di Cecrope e le infonde veleno nero e maligno. Le dipinge l’incontro della sorella con il dio perché il germe dell’odio si spanda di più.
Aglauro si pianta sull’uscio per non permettere a Mercurio di entrare. Il dio fa un gesto e la donna si sente paralizzare le membra. Prova a levarsi sul tronco ma le ginocchia son rigide e dentro il cuore le penetra il gelo di morte.
Sasso era il collo e la faccia, e sedeva come una statua. Bianco non era quel sasso, ma livido come la mente!

E Mercurio se ne andò in volo.

v 825
Aglauro trasformata in sasso

Subito Giove lo chiama, lo incarica di andare a Sidone [oggi in Libano] e di spingere verso la spiaggia un armento che pascola in montagna.
Sul lido giocava con le sue ancelle Europa, la figlia del re Agenore. Giove prese le forme di un toro dal bell’aspetto sereno e si unì agli altri animali.
Il toro si accosta mite alla fanciulla
a poco a poco poi la rassicura porgendole il petto
da carezzar con la vergine mano, le porge le corna

lei lo orna di fiori.
L’animale si accoscia sull’erba, lei gli siede in groppa.

Europa e il toro, A. Carracci, 16° sec., Palazzo Fava, Bologna
Europa e il toro, A. Carracci, 16° sec., Palazzo Fava, Bologna

l toro si alza e dal lido sabbioso si immerse pian piano nell’onde
seco portando la preda nel mezzo dei flutti marini.
Ella ha paura e, rapita, riguarda la spiaggia che lascia:
tiene la destra su un corno e la sinistra sul dorso
Tremule ondeggiano intanto le vesti pel soffio del vento

Con questo verso, 875, termina il libro secondo.

europa baur 1659
Il ratto di Europa

Finale 

NOTE:

Le frasi in corsivo sono l’esatta traduzione dei versi latini, per i brani più lunghi viene riportata la traduzione di Ferruccio Bernini

Le illustrazioni di cui non viene dato l’autore provengono principalmente da edizioni delle Metamorfosi del 16° e 17° secolo. I pittori sono Matthaeus Merian, Johan Ulrich Krauss, Vergil Solis, Lodovico Dolce, Georges Sandys e Johann Wilhelm Baur]

[Le frasi fra parentesi quadre sono note mie]


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